Granta Parei 3373m – Parete Est + cresta Nord Est

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Non aver paura presuppone incoscienza. Anzi, dirò di più: la prima difficoltà dell’alpinismo è proprio vincere la propria paura.

Walter Bonatti

La paura, intesa anche solo come timore e insicurezza, o ignoto, è stata la principale compagna dell’organizzazione e degli inizi di questa giornata.


La paura per la prima via lunga su una parete come la Est della Granta Parei.
Il timore di andare con qualcuno che conosci sì, ma con il quale non hai mai condiviso nulla del genere e non sai nemmeno se vi troverete bene insieme.
L’ignoto insito nel recarsi in una valle mai frequentata e nel mettersi alla prova su di una montagna che non hai nemmeno mai visto di persona.

C’era tutto questo, e ha reso il viaggio ancora più bello.

L’idea

Come spesso accade per gli avvenimenti che più ci colpiscono ed entusiasmano, anche questa salita è nata quasi per caso. Il programma originale vedeva come meta la cresta Tiefenmatten alla Dent d’Herens, ma quando si fanno i conti senza l’oste succede di andare incontro a cocenti delusioni e proprio l’ “oste”, in questo caso il gestore del rifugio Aosta in Valpelline, al momento della nostra telefonata per prenotare due posti letto ha pronunciato le fatidiche parole che nessuno in quella situazione vorrebbe sentire: “siamo al completo”.

Prevedibile, in fondo è un sabato di metà luglio e noi ci siamo svegliati tardi, ma ora che si fa? Ormai eravamo convinti di andare e di rinunciare al weekend in montagna non se ne parla quindi spostiamo la nostra attenzione sulla Val di Rhemes e nello specifico sulla sua montagna principe, la Granta Parei. La via che decidiamo di percorrere è la cresta NE, per lo più EE tranne gli ultimi circa 100m di dislivello che oscillano tra II e III.

Certo, non sarà la Dent d’Herens e tantomeno la cresta Tiefenmatten, ma come ripiego l’idea ci piace e la decisione è presa. E poi sfido chiunque a snobbare la parete Est di questa “povera” montagna.

Già proprio la parete Est alla quale nei giorni successivi rivolgo l’attenzione. Sembra impossibile, ho cercato dove e come ho potuto ma non ho trovato proprio nulla, è davvero possibile che non ci sia nemmeno una via che sale più o meno direttamente quelle centinaia di metri così limpidi e verticali? Perché la cresta è bella, ma se si riuscisse ad unirvi quella parete beh…rimpiangeremmo molto molto meno il programma originale, questo è certo!

Dopo ricerche tanto numerose quanto vane saltano fuori dal nulla non una, ma ben due vie! “Saltano fuori” per modo di dire, erano in bella vista su Gulliver, bastava guardarvi. Dal confronto tra le due e qualche ricerca più mirata viene fuori che sono state aperte recentemente e si tratta di vie sportive attrezzate a fix e catene di calata.

Le difficoltà sono quasi simili, max 5b una e 6a/A0 l’altra, ma il sottoscritto è pavido e scarso, e non potendo dire lo stesso di Tommaso sfrutto il fatto di averle scovate io per prendermi la libertà di proporgli la variante “facile”.

Meglio cento giorni da pecora, tanto per lo zodiaco sono un leone.

Tommaso, manco a dirlo, accetta di slancio e quindi il piano è definitivamente delineato: parete Est, uscita sulla cresta NE e vetta, discesa per la cresta nella sua interezza.

Naturalmente nemmeno in questo caso il nostro rapporto burrascoso con i rifugi migliora e dal Benevolo ci rifilano un ulteriore picche, “siamo al completo”. Le scelte sono ricominciare da zero la ricerca o salire e scendere in giornata da Thumel; la prima prospettiva ci appare decisamente peggiore della seconda, ed ecco che alle 5 di sabato mattina siamo sul sentiero per il rifugio Benevolo prima, e per la base della parete poi.

Il bollettino meteo per la giornata non è dei più clementi: al mattino cielo sereno e tendenza a peggiorare sino a locali temporali nel pomeriggio.

La partenza all’alba è dettata anche e soprattutto dalla volontà di uscire dalla parete abbondantemente prima del primo pomeriggio e valutare sul momento se i capricci meteorologici ci permetteranno di salire anche la cresta o meno. Gambe in spalla, alle 7 lasciamo il rifugio Benevolo dopo una breve colazione.

Parete Est – “Eugenia danza con me”

Il cielo per il momento è terso e la vista sulla Granta Parei e le sue formazioni calcaree magnifica, ma il dintorno non è certo da meno. Infatti siamo proprio ai confini con il parco del Gran Paradiso e l’ambiente è uno dei più belli che si possano ammirare, prati fioriti che vanno a morire in pietraie e laghetti glaciali, torrenti che precipitano in ripide cascate, ruscelli, ghiacciai in lontananza, animali selvatici, c’è tutto insomma. E poco dopo aver lasciato il rifugio ci imbattiamo in qualcosa che non avremmo mai pensato di trovare a solo un paio di metri dal sentiero: una volpe ancora addormentata, che al nostro passaggio si sveglia e dopo essere rimasta più perplessa che spaventata dalla nostra vista, torna beatamente a sonnecchiare.

In circa 45′ raggiungiamo le pietraie sottostanti la parete e cerchiamo a vista il punto migliore per attraversarle e raggiungere l’attacco della parete Est, il quale ci riserva la prima brutta sorpresa di giornata: i primi due metri di via sono completamente coperti da un grosso e ripido nevaio, e noi non avevamo certo previsto di portare picca e ramponi per una via sportiva!

Fortunatamente il calore della roccia a contatto con il nevaio ne ha sciolto circa un metro e ci consente di traversarlo a monte in tutta sicurezza, fatto salvo per l’attacco il quale, manco a dirlo, è l’unico posto in cui il nevaio si è sciolto parzialmente e ci obbliga a passare in uno scenario tanto spettacolare quanto pericoloso. Tutto l’insieme fa sì che non ci sia lo spazio ne il tempo per indossare le scarpette e il primo tiro (5a) lo affrontiamo con gli scarponi bagnati dalla neve.

Nei quattro tiri seguenti le difficoltà si affievoliscono leggermente (3, 4a, 4b, 4b) e abbiamo l’occasione di riposare un po’ e prendere il nostro ritmo, dopotutto è la prima via lunga che saliamo insieme.

Da L6 in poi le difficoltà si assestano sul 4c/5b, fatta eccezione per L7, la famosa cengia erbosa di II° da non sottovalutare in quanto scivolosa e molto esposta.

Sulle difficoltà nulla da dire, i gradi sono grossomodo quelli e non si rischia di rimanere “scioccati” da un 5b a metà parete che una volta lì si riveli ben peggio. L’esposizione spesso contenuta e le placche appoggiate fanno sì che anche due vergini di vie lunghe in parete come siamo noi si possano godere appieno la salita con solo la giusta dose di adrenalina e qualche timore qua e là.

Per la relazione dettagliata e tecnica come quasi sempre vi rimando al sito del Gruppo rocciatori Renato Casarotto, ideatori e apritori di questa via e della vicina “Via dei Vicentini”, e la relazione formato Pdf, comunque sempre facilmente reperibile sul loro sito. Relazione Pdf – Eugenia danza con me

Io mi limiterò a riportare alcune tra le informazioni sulla via che ritengo più importanti e che chiunque dovrebbe sapere prima di affrontare qualsiasi salita.

La linea è molto bella e logica, cerca sempre la roccia migliore mantenendo le difficoltà contenute e senza zigzagare troppo, ma non sempre riesce nel suo intento, certo non per mancanze degli apritori ma perché in alcune zone questo calcare è davvero pessimo a tutto tondo. Rocce rotte, un sacco di detriti accumulati sulle cenge e sui gradini, roba che si stacca a guardarla…insomma, una serie innumerevole di trappole a cui il primo di cordata dovrà fare molta attenzione per evitare di lapidare il suo secondo. Via sconsigliatissima in presenza di altre cordate soprastanti.

Un altro aspetto che potrebbe cogliere impreparati è la dicitura “via sportiva”; è corretta, ogni tiro è protetto con fix e le soste attrezzate con catene e anelli, il punto semmai è dove sono le protezioni. Se siete abituati a protezioni sportive da falesia, belle corte e tranquillizzanti, dimenticatevele. Siamo su una media di un fix ogni 4/5m e non sempre si trovano, quindi può capitare di rinviare ad una decina di distanza dall’ultimo fix incontrato. Da qualche parte ho letto un passo di una relazione che gli si addice perfettamente: via concepita come sportiva, ma sostanzialmente di stampo alpinistico“. Niente da aggiungere.

I friend sono pressoché inutili tranne che in alcuni sporadici tiri, noi ne abbiamo messo uno solo in corrispondenza dell’uscita. Ed è proprio l’uscita la nota più stonata, perché se fino a qui abbiamo parlato di cose che bene o male sono frequenti soprattutto su vie di alta montagna, qui a nostro modesto parere si poteva lavorare meglio, quantomeno sulla relazione e descrizione della via.

Un’uscita non esiste.

O meglio: sicuramente esiste, ma noi non l’abbiamo trovata. Sicuramente siamo delle talpe inesperte, mea culpa, ma non c’è davvero nulla al termine di L16 che faccia pensare ad una prosecuzione logica e l’unica foto presente sulla relazione è tagliata nella parte alta! Non voglio nemmeno esagerare, non è nulla di tragico e si parla degli ultimi 40/50m di parete, che noi abbiamo coperto inventando un percorso su una serie di cenge di sfasciumi fino ad uscire circa 100 metri a monte di un memoriale che è poi quello indicato come punto terminale nella relazione.

Finito il mugugno di giornata (Genova…), non posso far altro che consigliare questa via a chiunque abbia volontà di mettersi in gioco. Se la sentite alla vostra portata andate, senza dubbio! Quando tornerete a valle il solo volgere lo sguardo a quella parete e pensare di averla arrampicata vi riempirà di gioia e orgoglio in quantità più che sufficienti per giustificare qualche sfasciume e dei fix messi un po’ più lontani di quelli della vostra falesia di casa!

NB: eccetto il primo, causa nevaio, tutti i tiri successivi li abbiamo uniti due a due, una corda da 60m è più che sufficiente per salire in questo modo.

Cresta Nord Est

Alle 13 siamo sulla cresta e pronti a partire, c’è da decidere in che direzione. Il meteo è peggiorato molto e al cielo limpido del mattino si è sostituito un tappeto di nuvole. Siamo comunque d’accordo di provare comunque la salita e solo eventualmente fare dietrofront alla prima gocciolina.

La pioggia non arriva e in poco più di mezz’ora copriamo i quasi 300m di pietraia che ci separano dall’ultima serie di salti di II e III. Questa parte è attrezzata con qualche fix e soste ogni circa 25m, se si vuole salire in sicurezza vanno contati quattro tiri di corda (o due, con corda da 60m). Noi abbiamo deciso di salire senza assicurazione, rinfrancati dalla pressoché totale assenza di esposizione e ancora forti dell’adrenalina precedente.

Dopo i primi 50m la via si infila in un canalino molto evidente tra due pilastri, in cui incontriamo le maggiori difficoltà, e superato il quale si esce sulla facile ma affilata cresta che in pochi minuti porta all’ultimo bastione sottostante la vetta. Credo che normalmente si salga da sinistra, essendoci un paio di fix e una sosta in cima, ma noi abbiamo trovato molto più comodo e rapido l’aggiramento da destra.

Siamo sulla vetta nord della Granta Parei, a 3373m s.l.m.!

Come sempre le emozioni si alternano mentre ci si concede qualche minuto di riposo e come se non bastasse proprio mentre il sottoscritto sta cercando di imprimere qualche bella foto ricordo nella memoria del suo drone arrivano le prime goccioline e si alza un forte (e freddo, molto) vento. Il tempo di rifare gli zaini e attrezzare il più velocemente possibile tre calate (la quarta sosta non l’abbiamo trovata, tanto per cambiare) e siamo fuori dalle difficoltà, la pioggia per ora sembra non volersi scatenare così ci avviamo di buon passo ma senza correre verso il rifugio. Durante la discesa c’è ancora un po’ spazio per un’escursione su nevaio che finisce con il sedere bagnato per me, e con delle grasse risate per Tommaso.

Alle 17 in punto siamo di ritorno al rifugio e dopo la birra di rito ci avviamo verso Thumel, non senza lanciare un ultimo, estasiato, sguardo a quella nostra prima parete.

Un commento

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