La convinzione è l’euforia della stupidità.
Nessuna frase sarebbe più adatta a riassumere questa seconda giornata, in cui il fattor comune è stata una perenne convinzione e ripetizione di “peggio di così non si può” e “per oggi ho finito”. A voi.
Alpi Apuane – Day 2
Cominciamo dal dire che riguardo la mia personale lotta con la stufetta avevo decisamente cantato vittoria troppo presto. L’ultima carica pre-nanna è durata non più di un’oretta, dopodiché mi sono svegliato in un gelo quasi polare e ho dovuto attingere ad ogni coperta presente nel bivacco per rendere il mio sonno qualcosa che non mi ricordasse lo stare sdraiato in una cella frigorifera.
La stanchezza e l’assenza del minimo rumore (sveglie incluse) hanno fatto sì che non uscissi dal bivacco prima delle 9/9:30. Uscire da quel sacco lenzuolo è stato uno shock, tanto per tornare ai discorsi sul freddo percepito.
L’Odissea di giornata inizia quasi subito, con l’attraversamento a mezzacosta (sentiero Cai 179) delle pendici Nord del monte Contrario per raggiungere la foce Cardeto. La neve nel bosco presente era sicuramente più di quanta me ne sarei aspettato e, cosa peggiore, era ancora ghiacciata dalla notte. Grazie a ciò i canali che il sentiero tagliava di traverso si presentavano come splendidi scivoli di ghiaccio verso il fondovalle, se poi l’escursionista (il sottoscritto) è così pollo da aver lasciato a casa i suoi Trango Extreme ed avere ai piedi le Speedcross…buona fortuna!
Quello che doveva essere un sentiero da percorrere in una mezz’oretta scarsa è diventato un giro per boschi in cerca del passaggio più sicuro di circa un paio d’ore. Arte che entra, dicevano…
Monte Pisanino 1946m – EEC -> (Coraggiosi)
Terminata questa avventura inizia la successiva: subito sotto Foce Cardeto, ho abbandonato i 15kg di zaino in un prato e mi sono avviato verso foce Altare, da cui inizia la salita al monte Pisanino.
Proprio su questo sentiero e sul successivo canale delle Rose vorrei spendere qualche riga.
Non bisogna farsi ingannare dalla classificazione EE, la scala escursionistica non permette una gradazione superiore, sono sentieri delicatissimi. Soprattutto la parte del 179 precedente foce Altare l’ha trovata molto border line in alcuni punti dove ci si trova a camminare su cenge o pendii erbosi molto stretti e ripidi in totale esposizione, senza possibilità di arrestare un’eventuale scivolone. Da foce Altare si percorre il canale delle Rose sino ad uscire sull’antecima del Pisanino, da cui si raggiunge la vetta attraverso una cresta sempre abbastanza facile (se evitate l’accoppiata neve/Speedcross) ma in alcuni tratti sottile e molto esposta.
Insomma, considerando che questa è la via di salita più semplice ed utilizzata, si può dire che questo monte ce lo si guadagni fino all’ultimo metro! Però che panorama…in teoria, in pratica ho trovato nebbia.
Queste sono le poche foto dignitose che sono riuscito a cavarne:
Il bivacco Aronte e le sue sorprese
La discesa è stata insolitamente più agevole della salita e una volta raggiunto lo zaino è stata la volta di incamminarsi verso la cava Focolaccia (sentiero 178/179) sopra le quali, o per meglio dire circondato da esse, si trova il bivacco Aronte, rifugio per la notte seguente.
Questa parte di trekking è avvenuta per la maggior parte sulle sterrate marmifere e ha permesso di tirare un po’ le somme del viaggio e di abbozzare idee per il programma di domani, visto che le fatiche odierne erano terminate.
O meglio, avrebbero dovuto essere terminate.
Già, perché qui entra in gioco lo splendido scherzetto che mi ha riservato il bivacco Aronte. Struttura in muratura, arredo: panca, tavolo, stufa. Fine. Niente brande, niente coperte, niente di niente per abbozzare un giaciglio. Se si aggiunge che la stufa è pressoché inutile dal momento che il bivacco si trova letteralmente in mezzo alle cave (il marmo non brucia, per chi avesse dubbi) il quadro è completo.
Sorvolerò sulle mie opinioni a riguardo di questa dotazione in un bivacco gestito ufficialmente dal CAI.
A quel punto mi sono trovato giocoforza di fronte a tre scelte: passare la notte sveglio per non assiderare, scendere a valle o trovare un altro riparo. La prima non è stata considerata per più di un paio di secondi, ed ho tenuto la seconda come ultima spiaggia nel caso non avessi individuato nulla di adatto sulla cartina.
Fortunatamente a circa un paio d’ore da lì si trova il rifugio Nello Conti, il quale dispone anche di un piccolo locale invernale. Sicuramente non poteva essere peggio di così, quindi la decisione è presa.
Ultimo ma non ultimo, per raggiungerlo dal bivacco Aronte l’unica via possibile è la traversata di tutta la cresta (sentiero Cai 148) dei monti Crispo e Tambura, dal passo Focolaccia al passo Tambura.
Con buona pace del mio “le fatiche odierne sono terminate”!
Monti Crispo (1835m) e Tambura (1895m)
Sarò onesto, l’umore non era dei migliori. E gli eufemismi si sprecano.
L’idea di dover affrontare altre due ore di cammino quando già mi immaginavo al caldo e comodo (relativamente al comodo dei bivacchi, chiaro) non mi andava proprio giù.
Fortunatamente dopo un primo tratto di pietraia rognosa tra il passo Focolaccia (dove ho scoperto l’esistenza del Sentiero -1000, bucket list) e l’inizio del crinale vero e proprio che conduce al monte Crispo, il sentiero migliora ed è diventata una salita decisamente bella e godibile. Non aggiungo panoramica dato che minacciava neve da un momento all’altro, ma con il cielo sereno lo sarebbe eccome!
La cresta è sempre escursionistica e alterni brevi rampe a intervalli pianeggianti, facendo sì che quasi non si percepiscano i 245m di dislivello che ne separano l’inizio dalla vetta del monte Tambura.
La soddisfazione di aver toccato nello stesso giorno la prima e la terza vetta di questa splendida catena montuosa è davvero tanta, e all’improvviso tutto il fastidio per quanto accaduto prima scompare. Resta solo il conforto del panorama dalla cima, della discesa imminente e perché no, del pasto caldo.
Bivacco (e rifugio) Nello Conti – fine Odissea
La discesa dal Tambura al passo Tambura è stata la cosa più rilassante e felice della giornata, tanto che ho deciso di mettere in programma un’altra vetta esattamente soprastante il passo, da salire con qualche breve passaggio di I°: il monte Focoletta (1672m).
Purtroppo una volta giunto al passo ha cominciato a nevicare e non me la sono sentita di andare di nuovo su, la giornata era stata già incredibile così e non c’era bisogno di spingersi oltre. Dal termine del crinale per il Tambura si segue la splendida via Vandelli (argomento principale del giorno successivo) e in circa mezz’oretta si giunge alla finestra Vandelli, uno scorcio panoramico che regala panorami notevoli su due vallate contemporaneamente. La storia di questo luogo è molto singolare, ma anche questo sarà argomento del day 3.
Ho raggiunto il rifugio Conti in meno di cinque minuti dalla Finestra, e con mio grande stupore non solo l’ho trovato aperto, ma anche discretamente affollato! Avendo deciso di vivere, e conseguentemente organizzato, questa tre giorni prevedendo due bivacchi non ho voluto pernottare al rifugio e mi sono quindi sistemato nel locale invernale.
Però dopo una giornata così una birra mi sembrava proprio il minimo riconoscimento, quindi sono sceso poco dopo tra i civili rifugisti. Anche per avvisare che ero nel locale invernale, sì sì, però volevo una birra. Bevuta la Moretti e riscaldate un po’ anima e zampe sono tornato nei miei alloggi a prepararmi la cena.
-> Parentesi doverosa: il bivacco era splendido, pulito, ordinato e con una scatola piena di cibarie a disposizione di chiunque ne avesse necessità. Oltre a ciò la gestrice del rifugio mi ha offerto la birra dal momento che non poteva accettare pagamenti con carte e io avevo solo quella, e l’ha fatto con una spontaneità e gentilezza disarmanti. Sarà che sono genovese, quello che volete, ma trovo questi gesti (oltre alla cura con cui era tenuto il bivacco, non scontato…Aronte e CAI docet) splendidi e quando capitano è giusto che vengano sottolineati.
Nemmeno il tempo di iniziare a spulciare la cartina per programmare sentieri, percorsi e vette dell’indomani che è iniziata una furibonda nevicata la quale dopo circa un’ora aveva già depositato una buona decina di centimetri di neve. Quasi fosse un invito della montagna a rivedere i miei programmi…non mi sono certo fatto pregare: fine del divertimento, domani sveglia, colazione e con calma si torna alla civiltà.
PS: “fine del divertimento” era la previsione più lontana dalla futura realtà che potessi fare.
-> Alpi Apuane – Day 3 <-