Io chiedo a una scalata non soltanto le difficoltà ma una bellezza di linee.
Walter Bonatti
Qual’è il modo in cui può nascere un’idea come la salita della Bagola Bianca al Pisanino, concatenata alla traversata del monte Cavallo?
Primo “contatto” con la via
Il nostro primo contatto con la Bagola Bianca è stato qualche mese fa, quando soggiornammo al rifugio Val Serenaia dopo aver salito il Pizzo d’Uccello dalla cresta di Nattapiana.
Quella sera la ragazza di turno in rifugio ci raccontò di quanto fosse ardita questa via e degli incidenti che conosceva a riguardo. Incidenti prevalentemente legati al terreno infido e alla poca preparazione degli escursionisti che, trovandola indicata talvolta come “itinerario escursionistico”, l’hanno sottovalutata e si sono trovati in brutte situazioni.
Sul momento abbiamo ascoltato questi racconti sicuramente interessati ma in maniera forse un po’ distaccata, non avendola in programma. Passata però l’estate, e giunto l’autunno, le Alpi del Nord Italia diventano inaccessibili causa neve, e succede che ci si trova con uno splendido sabato di novembre da sfruttare. E con la voglia di chiudere in bellezza l’annata.
L’idea della traversata
Così la mente torna a quelle Apuane, non ancora colpite dalla neve, e ai racconti sulla Bagola Bianca.
Io il Pisanino l’ho già salito ma dal Canale delle Rose, Tommaso e Carolina mai. Nessuno di noi ha mai rivolto un pensiero a quella cresta.
Qualche messaggio vocale, due parole al telefono e siamo tutti convinti. Non ci è voluto granché a mettere d’accordo la nostra curiosità e le nostre diverse voglie di nuove salite, anche perché il sottoscritto ha aggiunto al programma originale una possibile ciliegina. La cresta Nord del monte Cavallo e successiva traversata delle sue gobbe.
Concatenare la Bagola Bianca al Pisanino con la traversata del monte Cavallo nello stesso giorno sarebbe un’escursione di una bellezza, ed eleganza, davvero notevoli!
Nessuno obbietta, ma rimettiamo la decisione in base al nostro orario di arrivo a Foce Cardeto.
Il ritrovo è fissato alle 6 di sabato mattina, direzione Val Serenaia. Coperti ci diciamo, farà freddino.
Inizio della traversata: bentornati sulle Apuane!
L’arrivo in Val Serenaia è preceduto da attimi di terrore e pentimento quando sulla strada provinciale di Fivizzano la macchina segna -6°. Fortunatamente al nostro punto di partenza la situazione è meno “polare” ed il termometro dice -1° quando iniziamo a camminare.
All’attacco il sentiero è molto evidente e la traccia si segue facilmente ma, come da prassi in questi posti, dopo nemmeno un quarto d’ora si perde nell’erba e ci tocca inventare la linea migliore di salita sino al crinale.
Qui le moltitudini di tracce si congiungono e inizia la ripida salita che porta alla Bagola Bianca alternando cresta rocciosa a classici traversi “apuani” sui ripidi prati del versante Ovest del Pisanino. Questo, pur essendo solo l’avvicinamento alla cresta vera e propria, non va assolutamente sottovalutato. La traccia è difficile da reperire e interpretare e durante la progressione il paleo apuano e la roccia poco solida e scivolosa potrebbero causare scivoloni potenzialmente fatali, viste esposizione e ripidità dei versanti, soprattutto quello rivolto a Nord, anche se fatta eccezione per la cresta non ci sono tracce che portino ad avventurarsi sul vuoto di questa faccia della montagna.
Cresta della Bagola Bianca
Dalla Bagola Bianca abbiamo per la prima volta di fronte a noi la cresta in tutta la sua bellezza. Si presenta da subito molto severa, sottile ed esposta. Decidiamo che è il momento migliore per la prima pausa ristoratrice della giornata, anche se siamo costretti a farla durare molto meno del previsto a causa delle temperature e del vento che trasformano ogni sosta in principi di congelamento diffusi.
Percorrere il filo di cresta è un continuo esercizio di equilibrio su calcari sfasciati e ciuffi d’erba, ma ci rendiamo conto che la salita è meno ripida di quel che sembrava dalla Bagola Bianca, se non per qualche metro davvero delicato e sottile. L’esposizione invece no, è proprio quella che ci aspettavamo.
Ogni passo va pesato e ci troviamo immersi nel solo suono del vento e nelle nostre silenziose progressioni; non potremmo essere più felici e sereni di così.
Monte Pisanino e Canale delle Rose
L’arrivo in vetta è sempre un sentimento misto di soddisfazione e sollievo, una boccata d’aria fresca dopo tanta fatica e già un pensiero preoccupato alla discesa. Qui sulle Apuane queste sensazioni sono accentuate dalle difficoltà nel raggiungere cime che non superano i 2000m di quota ma “dotate” di vie normali che riescono a mettere a dura prova i nervi e le capacità di ogni escursionista. Così veniamo accolti dalla regina di questo angolo di centro Italia, il Pisanino che con i suoi “appena” 1946m è la più alta cima della catena. La giornata è tanto fredda quanto limpida e dalla vetta abbiamo un balcone privilegiato su tutte ciò che ci sta intorno, dalle montagne vicine fino alla piana di Massa, a Lerici e al golfo dei Poeti!
Io e Tommaso siamo partiti con equipaggiamenti fotografici invidiabili: due droni, una macchina fotografica, una Insta360 e una GoPro, ma i risultati non sono stati per niente all’altezza delle aspettative. Almeno per quel che riguarda il mio materiale. La mia GoPro si è rivelata essere senza scheda SD e a causa del vento e relativo freddo polare che sentivo nelle ossa non mi sono nemmeno fatto sfiorare dall’idea di far decollare il drone. Fortunatamente Tommaso non ha voluto darla vinta allo zero termico e il materiale che vedete qui è principalmente opera sua, anche se Carolina ha contribuito parecchio con il solo telefono. Io oggi ero a scrocco.
La discesa dal Pisanino lungo la sua cresta sommitale (splendida) e il canale delle Rose è filata via veloce e piacevole. Conoscendola per la mia gita di primavera non abbiamo nemmeno dovuto perdere tempo a cercare tracce e interpretare sentieri, così in meno di mezz’ora dalla vetta siamo giunti a Foce Altare.
Qui abbiamo incontrato gli unici (!) escursionisti della giornata, una coppia con un cane, i quali avevano l’ardito programma di percorrere in discesa la cresta della Bagola Bianca. Quando gli abbiamo detto che ne venivamo proprio da lì e quanto, secondo noi, fosse una pessima idea percorrerla in discesa (e con un cane) si sono convinti (probabilmente più per le nostre facce stranite che per le parole) a evitare quell’itinerario.
Excursus polemico
Spesso dai miei amici e compagni di gita vengo indicato come il bacchettone, quello troppo fiscale e prudente, quindi non vorrei smentirmi: inizio predica.
Quando organizzate una gita, chiunque voi siate e ovunque vogliate andare, preoccupatevi prima di tutto proprio del dove state andando a infilarvi. È sacrosanto e doveroso documentarsi a menadito su lunghezza dell’itinerario, dislivello e quota a cui si sviluppa e così via. Ma prima di tutto dovete conoscerne le caratteristiche e le possibili criticità, e saper valutare se è un livello di rischio che le vostre capacità vi permettono di prendere. Se vi accingete a percorrere in discesa la Bagola Bianca con un cane e uno di voi due si è trovato in difficoltà a causa dell’esposizione della via normale a Foce Altare, per di più convinti che quella via di discesa sia un “sentiero” (cit.)…state tremendamente sottovalutando l’escursione, e in casi come questo potrebbe tradursi in esperienze brutte, molto brutte.
Fine predica.
Verso foce Cardeto e la cresta Nord del Cavallo
Dopo aver salutato il trio diretto verso il canale delle Rose, finalmente per Tommaso è il momento di cimentarsi con il celebre “traverso dei bolli blu”. Tanto fotografato e condiviso sui social quanto esposto, o forse no. Inutile dire che ne rimane enormemente deluso, le magie che può fare l’editing foto su Instagram l’aveva convinto fosse qualcosa che in realtà non si rivela per nulla essere. Non lo chiamerei certo “facile sentiero”, ma chiunque abbia passo fermo e una normale tolleranza all’esposizione non avrebbe alcuna difficoltà a superarlo.
Superata la delusione, arriviamo velocemente a Foce Cardeto, dove ci godiamo il pranzo. O meglio, dove avremmo voluto goderci il pranzo, il freddo lo riduce ad una fugace pausa di nemmeno mezz’oretta.
È presto, e siamo di fronte ad una scelta: tornare a valle e concludere una bella gita nel primo pomeriggio, o provare a mettere la ciliegina sulla torta e salire anche la cresta Nord del monte Cavallo? Nessuno dei tre ha dubbi su quale sia l’alternativa migliore ma abbiamo qualche perplessità sulle caratteristiche della cresta. Nessuno di noi la conosce, sappiamo solo che le difficoltà dovrebbero essere analoghe o poco superiori a quelle della Bagola Bianca. Se così fosse, tutto bene, in caso contrario rischieremmo di impiegarci troppo tempo e fare parte del rientro con il buio.
Un mutuo accordo di pronta ritirata in caso di difficoltà impreviste ci fa prendere la via della cresta.
Monte Cavallo: cresta Nord e traversata W/E
Come ci aspettavamo, la cresta è sulla falsa riga della precedente e delle altre da noi percorse su queste montagne: terreno scivoloso esposto ma tecnicamente facile. Il passaggio chiave arriva poco sotto la cima, dove troviamo di fronte a noi un salto di un paio di metri di II. È un muretto esposto che necessita molta attenzione, perdere o rompere una presa qui sarebbe potenzialmente fatale. Per chi volesse ridurre i rischi è presente un vecchio chiodo, ma non ho idea di quanto possa essere solido, noi non essendoci portati corde e imbraghi non ci siamo preoccupati di testarne l’affidabilità.
Superato questo, in pochi minuti terminiamo la cresta Nord e usciamo in vetta, dove abbiamo l’unica delusione di giornata: dal mare si sono alzati dei nuvoloni minacciosi, i quali hanno coperto completamente il panorama e minacciano pioggia. Ci manca ancora da coprire tutta la traversata delle gobbe del Cavallo e non è certo il posto dove ci si vorrebbe far cogliere da un temporale. La cresta è, tanto per cambiare, un filo di paleo esposto che se fosse bagnato renderebbe ogni passo una scommessa. Tutto ciò ci priva di una meritata pausa ristoratrice e ci concentriamo esclusivamente su una gobba dopo l’altra. Io e Tommaso sfruttiamo il fatto di aver già coperto questa cresta durante la traversata Contrario/Cavallo fatta meno di due mesi fa e facciamo strada a Carolina. Dal canto suo lei sembra esserci stata almeno una decina di volte dalla sicurezza e velocità con cui si muove. E noi che ci preoccupavamo di non lasciarla indietro essendo la sua prima volta, illusi e ingenui.
Tutta questa efficienza si traduce in qualcosa che non ci saremmo mai aspettati: arriviamo al passo della Focolaccia in 1h15’, da quando abbiamo attaccato la cresta Nord a Foce Cardeto! E pensare che avevamo messo in conto un’oretta solo per la prima parte.
Bivacco Aronte e rientro dal passo della Focolaccia
A questo punto, naturalmente, le nuvole si diradano e sembra cessare il rischio di pioggia. Così ci concediamo una seconda pausa più rilassata della precedente all’interno del bivacco Aronte. Questa struttura in muratura ha subito un recente restauro e, rispetto a quando l’avevo visitata in primavera appare sicuramente più pulita e ordinata, ma non è più dotata di stufa all’interno. Non che il bivacco sia circondato da boschi, in effetti viene difficile immaginare dove reperire della legna qui.
Dal passo della Focolaccia il rientro si snoda prima lungo la marmifera, la quale viene abbandonata dopo una quindicina di minuti per seguire il sentiero che riporta a Foce Cardeto.
Subito sotto la foce, in direzione Val Serenaia, si trova una biforcazione del sentiero. Qui noi optiamo per il sentiero di destra e una discesa diretta a valle, ma volendo si può anche deviare verso l’Orto di Donna, tagliando a mezzacosta tutti i boschi lungo le pendici Nord del monte Contrario e rendendo la discesa molto più morbida.
In una mezz’oretta raggiungiamo il fondovalle e le nostre (flebili) speranze di trovare il rifugio Val Serenaia aperto si infrangono contro le sue imposte sbarrate. Poco male, brinderemo in un bar lungo la strada!
Ultimo saluto alle Alpi Apuane
Durante la discesa gli sguardi e i pensieri continuano ad andare alla cresta della Bagola Bianca, la quale si sta godendo gli ultimi raggi di sole. Non riesco a decidermi se i suoi versanti sembrino più ripidi e vertiginosi da qui o dal filo. Probabilmente avrò modo in futuro di pormi nuovamente questa domanda e tornare a sporgermi nel vuoto da lassù. Ma per oggi va bene così, ci sarà tempo per nuove salite. Anche questa volta queste montagne si sono dimostrate all’altezza della loro fama e della passione che provo per loro.
Sensazioni a caldo
Nessuno di noi in effetti si rende conto fino in fondo di quello che abbiamo fatto oggi. Le salite non sono state nulla di tecnicamente difficile, è vero. Tuttavia, il grado di difficoltà tecnica non è l’unica cosa che conta, tantomeno qui. Sulle Alpi Apuane le vie più facili presentano tante insidie oggettive quanto quelle di difficoltà elevate se non anche di più, e non esiste una sola salita alpinistica in zona che sia consentito ridurre a “banale”. Non da meno il discorso dell’estetica: una traversata di cresta è sempre una linea molto elegante. Averne concatenate due in una sola giornata, e per di più unendo montagne di indiscusso fascino e storia, è un qualcosa per il quale è giusto essere contenti e orgogliosi. Bravi, noi.
I nostri numeri (pause incluse)
Val Serenaia / Bagola Bianca 1806m | 2h | 1,65km – EE |
Bagola Bianca / monte Pisanino 1947m | 35‘ | 0,5km – EE/F |
Monte Pisanino / foce Cardeto | 2h | 1,45km – EE |
Foce Cardeto / monte Cavallo 1888m | 1h15‘ | 1,15km – EE/F |
Monte Cavallo / passo della Focolaccia | 45′ | 1,10km – EE |
Passo della Focolaccia / Val Serenaia | 2h | 5km – E |
Per un totale di 10,85km di sviluppo e 1544m di dislivello positivo.